La prossima settimana è prevista una manifestazione da parte dei medici contro la “grave e iniqua” tassazione delle borse di studio e “l’inadeguato trattamento cui sono sottoposti nel percorso formativo”, secondo denuncia il Sindacato di Medici Italiani (Smi).
Secondo il sindacato “molti giovani colleghe e colleghi che frequentano il Corso Triennale di Formazione Specifica in Medicina Generale, si trovano, rispetto ai pari percorso formativo post laurea, in una situazione discriminatoria e non più accettabile”.
Questi sono i punti che hanno motivato le proteste:
• la Borsa di Studio che percepiscono non è stata dichiarata non tassabile e quindi è soggetta a IRPEF e IRAP, eppure le Borse per definizione sono un contributo alle spese di studio e non una retribuzione (le Borse percepite dagli Specializzandi sono NO TAX).
• Non hanno un contratto di Formazione che possa prevedere attività professionalizzanti remunerate (come avviene per i medici Specializzandi Universitari).
• Non possono aprire Partita Iva e quindi non possono svolgere Attività Compatibili (i medici Specializzandi Universitari possono svolgere attività intramoenia)».
I rappresentanti del sindacato lamentano che attualmente in italia i medici non sono considerati una risorsa per il futuro del sistema sanitario e, per questo motivo, chiedono “la Detassazione di ogni tipologia di Borsa di Studio per i Medici in Formazione post Laurea in quanto contributo agli studi e non retribuzione. Contratto Unico di Formazione post Laurea. Attività Compatibili a Partita Iva”.
La manifestazione è prevista il prossimo 15 maggio a Roma, piazza Montecitorio.
Pubblichiamo in seguito una nota dell’Associazione Genitori di Scuole Cattoliche per denunciare la penalizzazione del governo alle famiglie con figli:
Secondo la Costituzione tutti devono giustamente pagare le tasse. Troppi
cittadini le evadono e perciò è necessario mettere in atto i necessari provvedimenti per
combattere un’evasione che penalizza pesantemente il nostro Paese. Pieno appoggio
perciò all’azione di recupero dell’Agenzia delle Entrate.
Ma la Costituzione prevede che le tasse vengano pagate secondo le capacità
contributive, tenendo cioè conto delle persone a carico: e questo in Italia non avviene
penalizzando le famiglie con figli. Sempre la legge fondamentale dello Stato garantisce
l’istruzione gratuita e la libertà di scelta della scuola: ma anche questo nel nostro Paese
non è in realtà consentito. Infine la Costituzione prevede la promozione della cultura da
parte dello Stato: sappiamo invece quanto poco si investa in un settore che è la vera
materia prima italiana e condizione per lo sviluppo.
Nonostante le inadempienze costituzionali nei confronti della famiglia, della
parità scolastica e della cultura, una burocrazia miope – nella scelta dei 100 “indicatori”
per costruire lo “spesometro” con cui individuare i possibili evasori fiscali – ha posto
sullo stesso piano chi investe per il benessere e il futuro del Paese mettendo al mondo
figli, educandoli nella libertà e realizzando attività culturali, con chi mantiene animali,
frequenta centri massaggi, gioca on line o compra gioielli.
In particolare chi sceglie una scuola paritaria viene pesantemente penalizzato
dovendo pagare due volte: le tasse che mantengono la scuola statale e le rette
dell’istituto non statale scelto. Ed ora si aggiunge il terzo onere: viene inserito d’ufficio
fra i sospettati di evasione fiscale.
L’AGeSC chiede la cancellazione nella definizione dello “spesometro” di alcuni
indicatori che riguardano non spese di lusso ma investimenti essenziali per il benessere
nazionale: gli asili nido; la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria e i circoli
culturali, perché ritenere che spese in questi campi siano sospette è un invito a non fare
figli in un Paese che ne ha estremamente bisogno, è un attacco ai compiti educativi dei
genitori ed è un sostegno al diffondersi dell’ignoranza e dell’indifferenza al bene
comune.
Si tratta di una scelta semplice, che si può attuare immediatamente e che non
cambierà i risultati della lotta all’evasione fiscale, ma darà un segno di speranza nel
futuro.
Che le condizioni delle carceri italiane siano allarmanti non è certo una novità. Dunque niente di nuovo è emerso dalla visita di alcuni rappresentanti dei radicali al carcere di Pistoia effettuata pochi giorni fa. Nulla che già non si sapesse. Ma questo non fa diminuire la gravità di una situazione che sta raggiungendo livelli a dir poco allarmanti.
Rita Bernardini, una delle deputate radicali che ha effettuato la visita durante l’interrogazione parlamentare che ne è seguita ha raccontato una situazione quasi surreale: “il doppio dei detenuti rispetto alla capienza regolamentare (tre in celle di 6 mq), carenza pressoché totale di attività, personale fortemente sottodimensionato, magistrato di sorveglianza assente, il tutto in una struttura fatiscente dove gli unici lavori in corso riguardano la creazione di locali da adibire alla costituzione della banca dati del Dna ”.
E proprio in toscana la situazione sta uscendo dal controllo anche da parte della polizia penitenziaria, il cui sindacato Lisiapp-sappe ha annunciato una protesta a oltranza se le promesse di aumentare il personale in carica non verranno mantenute dagli organi dirigenti.
Il segretario generale aggiunto del Lisiapp Giuseppe Boccino denuncia che “da ottobre si continua ad assistere ad una carenza di organico sempre più forte, l’invio di nuove unità previste è stata inferiore a quanto assicuratoci, venendo ulteriormente vanificata dai legittimi trasferimenti annuali del personale ad altre sedi “. A questo si aggiungono gli aumenti degli episodi di violenza ai danni delle guardie penitenziarie e anche le condizioni igieniche precarie, in qualche casi quasi assenti, dei detenuti, che amplificano una situazione già allo stremo.
“Il ministro Severino solleciti interventi mirati per la polizia penitenziaria. La situazione nelle carceri italiane non è più sostenibile, e i primi a pagarne le conseguenze sono gli agenti di custodia, con condizioni di lavoro molto difficili, ai limiti della sopportazione ”. Queste parole arrivano da un’altra parte politica, dal Vice presidente dell’Italia dei Valori Antonio Borghese a seguito della visita nel carcere di Verona, nel quale è stata riscontrata una condizione di poca sicurezza per le guardie che sono chiaramente in numero inferiore al necessario e si trovano a dover gestire ambienti con una qualità di detenuti molto maggiore della capienza prevista.
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Il Ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi è giunto, dopo circa tre mesi di trattativa, insieme alle organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Ugl), le Regioni, le Province e i Comuni ad una ipotesi di accordo che prevede molte novità in materia di lavoro statale.
Si tratta soprattutto…indovinate un po’?…di tagli di stipendi e licenziamenti disciplinari.
La ragione di tale accordo deriva dalla riforma del mercato del lavoro voluta dalla Fornero e coinvolgerà tutti i dipendenti statali.
Per quanto riguarda gli stipendi, ad oggi vengono spesi circa 122,1 miliardi di euro, di cui 61,8 a carico delle amministrazioni statali, 12,8 dei Comuni e 4,5 delle regioni. Cifre che verranno ridotte entro il 2014 con nuove forme di flessibilità retributiva.
Per quanto riguarda, invece, il licenziamento disciplinare, pare che per i dipendenti statali non cambierà nulla; se il licenziamento sarà giudicato illegittimo ci sarà sempre e comunque il reintegro.
Il licenziamento disciplinare, unico motivo di licenziamento individuale, se pure sostenuto da garanzie di stabilità dovrebbe portare ad un rafforzamento dei doveri disciplinari del dipendente..o almeno questo è l’intento.
Altri argomenti previsti dall’accordo sono poi l’attivazione di meccanismi di mobilità territoriale a livello nazionale, la razionalizzazione e la semplificazione dei sistemi di valutazione e premialità e la valorizzazione del salario di produttività attraverso la contrattazione di secondo livello.
Ma il pezzo forte, e cioè quello che segna il percorso di convergenza con la riforma Fornero è una nuova architettura della flessibilità in entrata: “tipologie di lavoro flessibile saranno ancora utilizzabili, ma solo per esigenze temporanee o eccezionali e quindi per durate limitate”.
Gli esponenti dei sindacati si sono dichiarati soddisfatti dell’accordo: “per la prima volta l’intesa è condivisa da tutti i pezzi della pubblica amministrazione” commenta Gianni Baratta, segretario confederale Cisl, mentre il segretario confederale della Uil Paolo Pirani osserva “ L’intesa rappresenta una positiva e importante risposta sia ai temi posti dalla Uil con lo sciopero generale delle categorie del pubblico impiego, svoltosi nei mesi scorsi, sia alla piattaforma presentata per il rilancio del valore e della qualità del lavoro pubblico”.