This entry was posted on domenica, dicembre 7th, 2014 at 14:39 and is filed under Dipendenti Statali. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.
“Una organizzazione sindacale della sinistra apre a nuove regole utili solo ai promotori di caos, venendo così meno alla propria funzione. Staneremo anche questi traditori della gente in divisa, che ha bisogno di sostegno non di boicottaggio” è la dichiarazione del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri in merito al disegno di legge a vaglio del Senato in questi giorni che, tra le altre cose, prevedrebbe l’inserimento dei caschi numerati per gli agenti della polizia di stato.
Il ministro chiede tra le altre cose che vengano ascoltati in aula anche Cocer e sindacati di categoria che fino ad ora non hanno potuto esprimere la loro opinione e le loro perplessità in merito a questa innovazione.
In realtà le associazioni di categoria a tutela della polizia di stato non hanno bocciato in via assoluta l’introduzione del numero sul casco degli agenti nei casi di manifestazioni di piazza.
Gianni Ciotti, segretario provinciale del Silp Cgil Roma, ad esempio, ha sottolineato come in realtà gli agenti siano già identificabili attraverso un codice che compare sui tetti delle volanti e che permettono di risalire ai nominativi della pattuglia.
In generale la posizione dei sindacati di polizia non è del tutto contraria all’identificazione degli agenti tramite il numero sul casco, ma ci sono dei vincoli precisi da rispettare. Come ad esempio, che l’identificazione dei poliziotti sia rigorosamente riservata all’autorità giudiziaria, nel massimo rispetto della privacy degli agenti stessi.
E, cosa ancora più importante, che di pari passo che l’identificazione degli agenti ci siano dei manifestanti obbligati a scendere in piazza a volto scoperto.
Esistono poi alcuni frange estreme e non ufficiali dei poliziotti che rivendicano il diritto di usare il manganello in piazza contro i violenti, con una motivazione educativa e correttiva, legata a una giustizia lenta e spesso non punitiva verso coloro che mettono a ferro e fuoco le città.
Ma su queste opinioni del tutto marginali non ci sentiamo di esprimere opinione né di approfondire le tesi di fondo. Per dovere di cronaca, semplicemente ve ne segnaliamo l’esistenza.
Se in Italia, così come in Grecia, si discute ancora sulla possibile classificazione degli agenti di polizia tramite un numero identificativo, il resto del mondo è già oltre.
Nel Regno Unito e in Canada ad esempio, senza distinzioni di ordine e grado, ogni agente riporta sulla propria divisa un numero identificativo.
In Spagna Invece solo con la direttiva n. 13 del 2007 del ministero degli Interni, si è obbligato ogni agente della Guardia Civil a indossare sulla divisa un numero di riconoscimento personale e in una posizione visibile ovvero entro la così detta “respect distance” di 1,20 metri circa per permettere ai cittadini di leggerlo.