Forse non tutti sanno che esiste in Italia un risarcimento in denaro riconosciuto ai lavoratori che a causa di una malattia riconosciuta non possono svolgere la propria professione. Si chiama indennità di malattia. Oggi vederemo come eseguire il calcolo indennità malattia. Innanzi tutto è opportuno precisare che questa indennità viene erogata dall’INPS o in alcuni casi dal datore di lavoro e non è prerogativa di tutti i lavoratori.
Vengono infatti esclusi i lavoratori autonomi e alcune categorie come dirigenti, collaboratori domestici, portieri.
L’indennità di malattia è disciplinata dal codice civile all’articolo 2110 che dispone alcuni obblighi per il datore di lavoro ì, tra i quali, vale la pena di ricordarne due:
1- Conservare il posto di lavoro per un periodo determinato, chiamato periodo di comporto. Allo scadere di questo periodo il lavoratore che non rientra può incorrere nel licenziamento. Tale periodo è previsto dai singoli contratti collettivi nazioni e dipende anche dall’anzianità di servizio che si è raggiunta.
2- Corrispondere al prestatore d’opera un particolare trattamento economico, secondo le previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro. L’assenza da lavoro per malattia, affinché venga riconosciuta, deve avere delle caratteristiche precise che dipendono dal tipo di mansione che si svolge.
L’assenza per malattia non può protrarsi oltre i 180 giorni. Se la malattia si protrae senza interruzione su due anni – cioè inizia in un anno e finisce nell’anno successivo – il limite dei 180 giorni si calcola sui singoli anni solari, quindi dal primo gennaio si riparte dal giorno 1 e si può arrivare ai 180.
Per il calcolo dell’indennità invece lo scatto all’anno successivo viene considerato prosecuzione della malattia, quindi se è già stato superato il ventesimo giorno, si avrà diritto al 66,66% della retribuzione media giornaliera.
Più in generale l’importo previsto dall’indennità di malattia non è stabilito per legge, ma dipende da una serie di variabili. Tuttavia è possibile calcolare la propria indennità di malattia e capire quanto ci spetta.
Ecco quindi le cose importanti da sapere per il calcolo indennità malattia; la prima grande spaccatura per calcolare qual è l’ammontare della propria indennità di malattia riguarda l’ente che la eroga. Se a pagamento è il proprio datore di lavoro, l’importo dovuto è pari a quello previsto dal proprio stipendio per i giorni di malattia.
Se l’ente erogatore dell’indennità di malattia è l’INPS invece la formula da applicare per il calcolo di quanto ci spetta è la percentuale di retribuzione media giornaliera moltiplicato le giornate indennizzabili. Va precisato che l’indennità a carico dell’INPS è esente da contribuzione, quindi lo stipendio di coloro che usufruiscono di questa possibilità può essere anche maggiore di quello di percepito da un lavoratore attivo.
Per evitare però che questo accada si ricorre alla cosiddetta lordizzazione, cioè si considera l’incidenza della retribuzione in relazione all’indennità.
L’indennità di malattia non è legata necessariamente a una retribuzione mensile. Anche il lavoratore pagato a ore o con un reddito settimanale può usufruirne. Semplicemente il calcolo dell’importo finale dovrà prendere in considerazione, non il mese precedente, come per coloro che percepiscono stipendi mensili, ma un periodo di tempo più lungo, che sia rappresentativo della retribuzione.
Per poter usufruire dell’indennità di malattia è chiaramente necessaria la presentazione di un certificato medico, chiamato attestato di malattia, che attesti appunto lo stato di patologia persistente, la prognosi e la durata prevista.
Tale attestato dovrà pervenire anche all’inps, il quale, oltre alle informazioni date al datore di lavoro, verrà informato sulla diagnosi; questo documento prende il nome di certificato di diagnosi di malattia.
I certificati di ricovero ospedaliero hanno la stessa valenza dell’attestato di malattia. sia il documento per il datore di lavoro che quello per l’inps devono essere trasmessi tramite raccomandata con avviso di ricevimento entro due giorni dall’emissione e riporteranno la stessa matrice a ricalco.
Se invece l’invio del certificato avviene per via telematica, non è necessaria alcuna raccomandata.
È bene precisare che l’INPS non paga le domeniche né i giorni festivi eventualmente cadenti nel periodo di malattia che sono a carico del datore di lavoro. Stesso discorso anche per il periodo di carenza, cioè per i primi 3 giorni di assenza.
Chiaramente l’erogazione dell’indennità è legata alla reperibilità a domicilio indicato sul certificato durante le fasce orarie previste dalla legge, cioè dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 tutti i giorni, domeniche e festivi compresi.
L’assenza dal domicilio non giustificata comporta l’applicazione di sanzioni che bloccano l’erogazione dell’indennità nei seguenti modi:
- fino a 10 giorni di calendario, dall’inizio dell’evento, in caso di prima assenza alla visita di controllo non giustificata;
- il 50% dell’indennità nel restante periodo di malattia, in caso di seconda assenza alla visita di controllo non giustificata;
- il totale dell’indennità, dalla data della terza assenza alla visita di controllo non giustificata
Fonte: lavoroefinanza / mc2elearning / inps
Valentina Stipa
È stato presentato il progetto Cloudify NoiPA al forum PA dello scorso aprile da Roberta Lotti e Andrea Iudica, dirigenti del Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi (DAG) del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Cloudify NoiPA, il portale che mira a divenire vetrina interattiva che documenta lo stato di avanzamento del progetto di trasformazione digitale del sistema NoiPA, finanziato nell’ambito del Programma azione coesione complementare al PON Governance e capacità istituzionale 2014-2020, gestito dall’Agenzia per la Coesione Territoriale.
L’ambizione maggiore di questo portale è quella di diventare un servizio a 360 gradi per il personale della pubblica amministrazione, al di là del pagamento delle retribuzioni .
Il progetto Cloudify NoiPA si sviluppa su 3 differenti linee guida: la prima è quella della tecnologia; a seguire l’approccio organizzativo, quindi lavorare affinché l’utente sia il centro della progettazione del nuovo Noipa, modernizzando i processi di pubblica amministrazione e potenziarne di conseguenza l’efficienza. La terza linea guida è quella della conoscenza che prevede la valorizzazione del patrimonio informativo di NoiPa attraverso dati aggiornati e completi all’interno dei processi decisionali.
Parliamo di circa 3,3 milioni di dipendenti distribuiti su oltre 10.000 amministrazioni. Questo progetto verrà realizzato attraverso una serie di step progressivi di servizi multimediali, il primo dei quali è previsto subito entro giugno 2018.
Lo scopo nel progetto è stato esplicitato fin dal comunicato stampa ufficiale che ne annunciava la nascita: “ha l’obiettivo di semplificare i servizi e le modalità di interazione con la pubblica amministrazione, offrendo all’utente finale, sia esso amministrazione pubblica, operatore del servizio o cliente finale, servizi sempre più evoluti e integrati”.
Questo è chiaramente l’obiettivo del lungo periodo, nel breve però le migliorie dovrebbero essere evidenti: niente più problemi di visualizzazione del cedolino, nessun ritardo di pubblicazione o altri problemi tecnici ogni volta che si affronta il tema della pubblicazione delle proprie retribuzioni.
Fonte: noipa / newsandcofee /corrierecomunicazioni
Valentina Stipa
Il parto sembra ormai vicino. Questa riforma del pubblico impiego, che ha visto la sua approvazione definitiva poche settimane fa, ha riacceso un lumino di speranza per la spinosa questione del rinnovo dei contratti, fermi da 8 anni. Manca ancora la direttiva della Funzione pubblica all’Aran che sancirà l’inizio delle trattative, ma possiamo sbilanciarci e dire che oramai la strada, per quanto ancora lunga e complessa è senza dubbio stata imboccata nella direzione del cambiamento.
Proprio il ministro madia ha comunicato che “l’incontro con i comitati di settore è stato positivo e, visto che siamo già a un ottimo punto, ho invitato il presidente dell’Aran a iniziare formalmente la sessione dei contratti”.
Seppure si è intrapreso la giusta direzione, agognata da anni su più fronti, il percorso per il rinnovo contratti statali è decisamente a ostacoli. Come sempre accade quando si ha a che fare con lo stato e le sue risorse. E il primo ostacolo sono proprio loro, le risorse.
Servono infatti altri 1.2 miliardi per far fronte a tutti i cambiamenti in scadenza. A partire dagli 85 euro promessi nel lontano novembre, questione che sarà oggetto della autunnale. Questo aspetto non è quello davvero preoccupante. Quello che davvero crea ansia è il miliardo aggiuntivo che dovrà saltare fuori dal del fondo sanitario e dai bilanci locali. Ma a quanto pare per il momento nessun sindaco è preoccupato. Forse lo sarà quando usciranno i decreti con l’obbligatorietà di stanziamento…
Sul tema economico esiste poi anche l’aspetto delle distribuzione delle risorse che negli intenti ministeriali dovrà essere piramidale, cioè considerare prima di tutto alle fasce di reddito più basse. Anche questa sfida è piuttosto ambiziosa, in quanto valutare una situazione piramidale su settori completamente diversi è un lavoro di massima complessità. Insieme alla questione economica anche quella della tempistica rappresenta una sfida ambiziosa e direttamente collegata a quella delle finanze. Ci spieghiamo meglio. Il rinnovo comprende il triennio 2016/2018, ma solo nel prossimo anno si dovrebbe avere la totale copertura economica di questa operazione. Dunque è davvero difficile studiare una direttiva e farla approvare dalla ragioneria generale, senza avere una certezza della copertura economica.
Insieme alle questioni tecniche per il rinnovo dei contratti statali di cui abbiamo parlato fino ad ora, c’è anche un’ulteriore sfida per questo rinnovo contrattuale, che riguarda la riprogettazione vera e propria della pubblica amministrazione. In termini teorici, gli 11 comparti nei quali era divisa la pubblica amministrazione devono diventare 4 più uno – Palazzo Chigi rimane autonomo. Sanità ed enti territoriali non subiranno grandi rivoluzioni. Diverso invece è per l’ambito istruzione, nel quale dovranno confluire molte realtà completamente differenti tra loro, dai docenti a non docenti alle agenzie fiscali agli enti pubblici.
L’obiettivo comune è quello di armonizzare anche le retribuzioni. Come era già nell’intento della Riforma brunetta del 2009. La fretta è tema comune di tutte e parti in causa che non siano politiche. Perché proprio la politica potrebbe trasformarsi in un nuovo freno per questo progetto. Si parla infatti in modo piuttosto insistente di elezioni anticipate e di riforma elettorale, eventi entrambi che provocherebbero la fine della legislatura e un nuovo drammatico slittamento del rinnovo dei contratti.
Fonte: ilsole24ore / ildubbio
Valentina Stipa
Manca poco ormai all’entrata in vigore del nuovo codice disciplinare che regola i licenziamenti pubblico impiego. Dal 22 giugno prossimo infatti la Riforma madia diventa realtà anche su questo fronte. Quindi falsa attestazione della presenza, scarso rendimento, assenteismo saranno tutte legittime motivazioni di licenziamento.
Nel decreto 75/2017 infatti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 130 del 7 giugno scorso, si parla chiaramente di norme “in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare“.
Nella bozza iniziale del decreto Madia, il tempo massimo per definire l’azione disciplinare, che poteva concludersi nella peggiore delle ipotesi con il licenziamento del pubblico dipendente, era previsto a 90 giorni; si è invece tornati ai 120 giorni di sempre.
Questa scadenza però non solo è perentoria e non prorogabile, ma si riduce a 30 giorni nel caso che l’azione disciplinare riguardi i famosi furbetti del cartellino.
Riassumiamoli:
1. false timbrature
2. assenze ingiustificate
3. false dichiarazioni per ottenere posti o promozioni
4. a chi viola in modo «grave e reiterato» i codici di comportamento
5. a chi mostra uno «scarso rendimento
6. a chi colleziona valutazioni negative; in questo caso però per arrivare al licenziamento vero e proprio la valutazione negativa dovrà ripetersi per tutti e tre gli anni coperti da ogni contrattazione.
A questo si aggiunge una regola davvero nuova sempre in termini di licenziamenti, ovvero che i vizi formali non annulleranno la sanzione; quindi se un dipendente ha sbagliato e la notifica della valutazione negativa non avviene nei modi corretti, nella sostanza rimane valida.
Con l’approvazione della riforma di fatto troverà applicazione anche l’articolo 18, debitamente rinnovato rispetto all’originale, che quini limita a 24 mensilità l’indennizzo nel caso in cui il giudice decida di concedere al lavoratore il reintegro nel posto di lavoro.
“I due decreti approvati mi consentiranno di dare la direttiva all’Aran e riaprire una normale stagione contrattuale la legislazione ereditata non ci consentiva lo sblocco” dice orgogliosa il ministro della P.A, Marianna Madia. “Abbiamo bisogno di riaprire le assunzioni nel pubblico impiego, far entrare i giovani ma non di qualunque professionalità, di quelle che servono, per far arrivare servizi ai cittadini”.
Le prospettive sono chiare. Almeno per il dicastero. Non rimane che metterle in pratica.
Fonte: ilsole24ore
Valentina Stipa
Negli ultimi anni sono stati circa 3300 gli impiegati pubblici scoperti dalla guardia di finanza a svolgere un doppio lavoro. Il guadagno totale di questi soggetti va complessivamente oltre i 20 milioni di euro con un danno alle casse dello Stato di 55 milioni di euro.
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