Fonte: corriere.it
Se in un primo momento la notizia avrebbe potuto gettare nel panico vertici e base della polizia penitenziaria, la conversione in carceri a custodia attenuata delle strutture adibite a Ospedali Psichiatrici Giudiziari, tutto sommato ha diversi aspetti positivi anche per i baschi blu.
A sottolinearlo è Donato Capece, segretario generale Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il più rappresentativo della categoria, che, dopo aver espresso parere positivo su questa decisione, non manca di sottolineare “la professionalità, la competenza e l’umanità che per anni ha contraddistinto l’operato di centinaia di donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria (…)Quel che serve ora sono strutture di reclusione con una progettualità tale da garantire l’assistenza ai malati e la sicurezza degli operatori”.
E in effetti i numeri parlano da soli ed è quindi facile intuire che servirà un coordinamento e un supporto notevole agli agenti di polizia penitenziaria per far fronte a questa nuova sfida professionale.
Con la chiusura dei 6 ospedali psichiatrici giudiziari ancora in funzione infatti dovranno essere redistribuiti 700 detenuti, 450 dei quali entreranno nelle Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza” (Rems), che prevedono un’assistenza solo sanitaria, secondo il decreto legge n. 211 del 22 dicembre 2011.
Quella della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari è solo la penultima sfida in ordine di tempo per gli agenti di polizia penitenziaria. L’ultima infatti riguarda la formazione.
È stato infatti indetto un corso di formazione per alimentaristi per detenuti è stato aperto anche al personale di Polizia Penitenziaria, che “per ragioni di economicità “, avrebbe partecipato alla formazione ma anche garantito la vigilanza durante le lezioni.
Questo accorpamento provvisorio suona male per diverse ragioni. La prima è senz’altro quella che vede gli enti che si occupano della formazioni di agenti e detenuti differenti, come distinte sono le direzioni che gestiscono questi due mondi. Tale condizione non è stata modificata neanche con la nuova riforma del Ministero della giustizia, che ha infatti mantenuto due direzioni distinte , una per i detenuti e una per il personale di polizia penitenziaria.
A questa motivazione si aggiunge che confondere troppo i ruoli, seppure con un fine formativo non fa bene ai rapporti quotidiani tra guardie e detenuti.
Ultimo, ma non meno importante è il duplice fattore che vedrebbe i baschi blu impegnati nel corso di formazione e contemporaneamente nella vigilanza. Suona come un modo neanche troppo nascosto di garantire sicurezza a costo zero. Ma questa è solo un’illazione.